Gli anni fra cane e lupo by Rosetta Loy

Gli anni fra cane e lupo by Rosetta Loy

autore:Rosetta Loy [Loy, Rosetta]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 978-88-6190-540-5
editore: Chiarelettere
pubblicato: 2016-03-17T04:00:00+00:00


26 giugno. Torino, ore 23.15. Omicidio del procuratore della Repubblica Bruno Caccia

È il primo omicidio della ’ndrangheta in Piemonte. È domenica e Bruno Caccia ha passato la giornata fuori Torino, nell’appezzamento di terra che ama molto coltivare. Ha lasciato la sua scorta libera di godersi il giorno di festa, e una volta rientrato in città è uscito a portare fuori il cane. Cammina adesso nella notte per via Sommacampagna fra il brillare del Po e l’ombra nera delle colline: ma a un tratto viene affiancato da una Fiat 128, e senza neanche smontare dall’auto due killer gli sparano quattordici colpi. Poi uno dei due scende, e per essere certo della sua morte gli spara altri tre colpi a distanza ravvicinata. Sono le 23.15 e nessuno ha visto o sentito nulla.

Nato a Cuneo nel novembre del 1917, Bruno Caccia è un magistrato «doc». Un suo prozio è stato procuratore generale della Corte di cassazione e suo padre, Vittorio, presidente del Tribunale di Torino. Alla vigilia della guerra, nel 1939, si era laureato in Giurisprudenza magna cum laude e successivamente anche in Scienze politiche. Vinto il concorso in magistratura nel 1963, nel triennio successivo era stato procuratore della Repubblica ad Aosta. Nel 1967, tornato a Torino, per anni si era occupato delle violenze e dei pestaggi che puntualmente si verificavano ogni volta che c’era uno sciopero. «Fu, nel settore, il primo segno dello Stato dopo anni di indolore assenza» dirà di lui il collega Marcello Maddalena. Poi, negli anni di piombo, era passato a occuparsi delle inchieste sui terroristi che vedevano sui banchi degli imputati le Br e i Nar. Nel 1980 era stato nominato procuratore capo della Repubblica.

Ma in questo inizio di estate Bruno Caccia è soprattutto impegnato a contrastare la ’ndrangheta che dalla Calabria ha rapidamente risalito la penisola per diramarsi al Nord, e in particolare in alcune zone del Piemonte.

Questo non toglie che le prime a essere indagate per il suo assassinio sono le Brigate rosse. Anche perché il giorno dopo un volantino a loro nome rivendica l’omicidio. Ma quasi subito si rivela una falsa pista. Si pensa allora ai neofascisti dei Nar, ma anche questa seconda ipotesi non trova alcun riscontro.

La verità arriverà qualche tempo dopo da un mafioso in galera, Francesco Miano, detto Ciccio, boss della cosca catanese, che è riuscito a raccogliere le confidenze di Domenico Belfiore: a ordinare l’omicidio è stata la ’ndrangheta di Pianosa Jonica «perché con il procuratore Caccia non si poteva parlare».

Una ’ndrangheta che da tempo controlla in Piemonte diversi ristoranti, bar e imprese edili ed è riuscita a infiltrarsi anche nel Palazzo di giustizia.

Dieci anni dopo, nel 1993, Domenico Belfiore verrà condannato all’ergastolo quale mandante dell’omicidio. I due killer invece non saranno mai individuati.

Bruno Caccia è il primo e unico magistrato a venire ucciso in Piemonte, ma la memoria del suo omicidio ha perso in fretta i suoi contorni e si è sbiadita come una vecchia foto, quasi che l’ex regno sabaudo stenti ad ammettere che nella sua terra possano attecchire antichi mali del Sud come ’ndrangheta e mafia.



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